Il regista Mike Cahill presenta al Sundance Film Festival la sua seconda opera Another earth, vincitrice del Premio P. Sloan e del Premio del Pubblico nella categoria Narrative Feature al Film Festival 2011 Maui. La protagonista femminile, Brit Marling ha, inoltre, vinto il premio come miglior attrice al Sitges – Festival internazionale del cinema della Catalogna.
Pungente, psichedelico, convulsivo, audace, commovente, disturbante ed eccentrico: non ci sono abbastanza aggettivi per definire l’opera che sembra voler guardare in alto per capire ciò che ci sta intorno.
Trama
L’umanità viene a conoscenza di un pianeta uguale alla Terra. Mentre una studentessa alla guida apprende la notizia provoca un incidente mortale. La scienza andrà di pari passo con il suo tentativo di redenzione.
L’umanità viene a conoscenza di un pianeta uguale alla Terra. Mentre una studentessa alla guida apprende la notizia provoca un incidente mortale. La scienza andrà di pari passo con il suo tentativo di redenzione.
John Burroughs: William Mapother
Rhonda Williams: Brit Marling
Kim Williams: Jordan Baker
Jeff Williams: Robin Lord Taylor
Robert Williams: Flint Beverage
Purdeep: Kumar Pallana
Narratore: Richard Berendzen
L’incontenibile bisogno di guardare il cielo per scorgerci qualcuno, il potente desiderio di sentire una scossa nell’osservare l’oscuro buco nero sulle nostre teste, l’agghiacciante dubbio di essere soli perfino nell’immensità dell’universo: se almeno uno di questi stati vi ha mai toccati, allora è necessario che conosciate Another earth, opera indipendente scritta, diretta, prodotta, fotografata e montata da Mike Cahill.
Un DJ dalla lingua sempre pronta invita alla radio ad osservare il cielo: un evento normalissimo che spinge a distogliere lo sguardo dalla strada, un solo attimo diluito in scene ipnotiche che sembrano quasi far sentire un certo torcicollo dopo qualche secondo, infine l’inevitabile impatto di una vita con l’altra e l’inizio di un’opera affascinante, sensuale a livello astratto, paradiso di emozioni ineluttabili e contrastanti. Dopo lo scontro, il cammino verso la comprensione, la ricerca di un motivo che spieghi ciò che accade: la nudità di un corpo sulla neve vuole sopperire alla voglia di sputare fuori pezzi di anima per poi riprenderli purificati dalla terra su cui sono stati gettati, tentare di perdere se stessi tra i fiocchi di neve per sentire ancora che esista qualcosa di talmente freddo da raschiare calore da noi stessi. Così la protagonista reagisce al suo “imperdonabile errore”, sfugge al senso di colpa per aver distrutto una famiglia mentre era in preda all’alcol, o forse all’estasi di Terra 2. Poi la possibilità di rendere concreta quella fantasia si manifesta tramite un sondaggio: “Perché credi che dovresti essere scelto per andare su Terra 2? Mandaci un commento”. Così la donna cambia, esattamente come l’universo nel corso dei millenni e questo sta a significare anche tentare la sorte, inviare un piccolo commento affinché si rinasca, sebbene un oscuro presagio di una possibile fine del mondo sulla porta di un bagno faccia riflettere un minuto di più sulla proverbiale curiosità umana, che ha punito personaggi mitologici dall’alba dei tempi.
E se scoprissimo che in un nuovo pianeta del tutto simile al nostro, vivessero delle nostre copie, o fossimo noi stessi delle loro copie? Se ci fossero questi due mondi in cui le stesse persone vivano due diverse vite, facendo altre scelte, amando altre persone, credendo in altri principi. Se ci fossero degli altri “noi” in questo universo, cosa diremmo, cosa faremmo pur di scoprire che cosa hanno scelto o fatto diversamente da noi? Another earth tratta proprio di questo, insinua una morbosa curiosità verso un altro possibile noi, molto lontano, che altro non è che la nostra stessa persona, pur di sollevare un fatale quesito: e se quell’altro me fosse migliore? E se io potessi essere superiore a quello che cono adesso?
“Durante le nostre vite vediamo cose meravigliose. I biologi hanno cercato di osservare cose sempre più piccole e gli astronomi hanno osservato sempre più lontano nell’oscurità del cielo, fuori dal tempo e dallo spazio. Ma forse il mistero più grosso di tutti non è il più piccolo né il più grande: siamo noi, sotto la lente. Potremmo mai accettare noi stessi, e se lo facessimo, vorremmo conoscere noi stessi? Cosa diremmo a noi stessi? Cosa apprenderemmo da noi stessi? Cosa ci piacerebbe davvero vedere se potessimo essere all’esterno di noi stessi ad osservarci?”
Mille interrogativi che avranno risposta in un finale senza fiato, dove la violenza incontra l’amore, la follia incontra la realtà e il doppio conosce se stesso per intero.
Isabella
Nessun commento:
Posta un commento